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Happy family (2010)

Regia: Gabriele Salvatores
Sceneggiatura: Alessandro Genovesi, Gabriele Salvatores, da una commedia di Alessandro Genovesi
Fotografia: Italo Petriccione
Montaggio: Massimo Fiocchi
Scenografia: Rita Rabassini
Produzione: Maurizio Totti für Colorado Film
Interpreti: Fabio De Luigi (Ezio), Diego Abatantuono (Papà), Fabrizio Bentivoglio (Vincenzo), Margherita Buy (Anna), Carla Signoris, Valeria Bilello, Corinna Agustoni, Cinmaria Biancuzzi, Alice Croci, Sandra Milo Durata film: 90 Minuti

 




 


Sinossi:
C'è uno sceneggiatore che volendo scrivere un film sceglie diversi personaggi che parlano direttamente agli spettatori, intervengono a criticare quanto lo scrittore va scrivendo o a protestare quando l'autore li lascia in sospeso o medita di abbandonarli. C'è la vicenda di due famiglie che nulla hanno in comune ma che s'intrecciano a causa di ragazzo e ragazza sedicenni decisi a sposarsi subito, poi pronti a rinunciare al proposito (che ha tanto turbato le due famiglie abituate a prendere sul serio ogni stupidaggine degli adolescenti), mentre le due famiglie si sono ormai incontrate, hanno fatto amicizia, sembrano quasi parenti. C'è uno dei padri, Fabrizio Bentivoglio, distaccato e crudele, malato e invaso dal pensiero della morte. C'è l'altro padre, Diego Abatantuono monumentale, capace di diffondere vitalità e calore. C'è una nonna smemorata che ricorda soltanto l'etichetta e la cucina, le regole e le pietanze.

Rassegna Stampa 

Otto personaggi in cerca d'autore. Una città grigia come Milano ridipinta in colori squillanti da musical anni '50, o da sogno a occhi aperti. Una sceneggiatura che si anima sotto i nostri occhi, come un teatro di pupi, con tanto di palcoscenico e sipario, confondendosi con l'immaginazione del suo autore Fabio De Luigi, che a momenti entra egli stesso nella sua storia, mescolandosi ai personaggi. Mentre ogni scena, malgrado le gag, l'allegria ribadisce i sentimenti di fondo. Malinconia, sconforto, incertezza. Paura. Di annoiarsi, di essere felici, di puzzare, di crescere, di morire, di svegliarsi disamorati o omosessuali. Non una paura in particolare, ma il sentimento proteiforme e appiccicoso di questi anni di plastica. La forza di Happy Family è questo procedere per contrasto. Gag e paure. Battute e batoste. Colori e cupezza. Come se la complessità del mondo oggi si potesse rappresentare solo così, obliquamente. Fabio Ferzetti, Il Messaggero

Commedia umana da ridere e da piangere, divertente, intelligente, imprevista, colorata, persino ottimista, che Gabriele Salvatores ha diretto benissimo, guidando gli attori in modo magistrale, traendola dall'omonimo testo teatrale di Alessandro Genovesi. Happy Family, avvisa il regista, non è una marca di biscotti inglesi per famiglia o un titolo brioso, si riferisce invece alla famiglia umana e alla sua capacità di sopravvivenza. Ma tutto il film è un rosario di inganni. Sembra realistico, invece si apre e si chiude con un sipario di velluto rosso da teatro. Sembra semplice, invece adotta l'artificio teatrale più famoso al mondo, il conflitto tra autore e personaggi, con i personaggi che esigono o protestano, con lo scrittore stufo d'averli ideati e che ha paura di diventare uno di loro, come nei Sei personaggi in cerca d'autore di Luigi Pirandello. Sembra amoroso, invece racconta la paura indefinita in cui tanti sono immersi. Happy Family fa riflettere e dà un'impressione di leggerezza, grazia e letizia. Manda in estasi con la sua colonna sonora quasi tutta Simon & Garfunkel, col suo finale che consente ad altre storie di cominciare, quando cala il sipario. Lietta Tornabuoni, La Stampa

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