Verso Sud: Ferzan Ozpetek inaugura la 16° edizione
FRANCOFORTE - 4 NOVEMBRE 2010 - Sarà Ferzan Ozpetek ad inaugurare sabato 6 novembre la XVI° edizione di "Verso Sud", il festival del cinema italiano organizzato dall'associazione Made in Italy, in collaborazione con il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, con Cinecittà Luce e il locale Istituto Italiano di Cultura ed in programma al Cine Star Metropolis di Francoforte sul Meno fino a mercoledi 17 novembre. Il regista sarà a Francoforte per presentare e discutere con gli spettatori tedeschi la sua opera più recente: "Mine vaganti". L'omaggio ad Ozpetek propone anche alcuni dei suoi film più significativi: "Il bagno turco", "Harem suarè", "Le fate ignoranti", "La finestra di fronte", "Saturno contro", "Un giorno perfetto".
Il programma di "Verso Sud" è completato da una panoramica sulla più recente produzione italiana, composta da una quindicina di titoli recenti e recentissimi. In cartellone: "Cosa voglio di più" di Silvio Soldini, "La nostra vita" di Daniele Luchetti, "La bocca del lupo" di Pietro Marcello, "Il compleanno" di Marco Filiberti, "Questione di cuore" di Francesca Archibugi, "L'uomo nero" di Sergio Rubini; "Generazione 1000 euro" di Massimo Venier; "Fortapasc" di Marco Risi; "Cosmonauta" di Susanna Nicchiarelli. Un ricco catalogo, che viene distribuito gratuitamente agli spettatori, accompagna l'iniziativa.
Il cinema che non si arrende
"Mi chiamo Matteo e sono un luogo comune". E' La battuta con cui si presenta il giovane protagonista di Generazione mille euro, e allude evidentemente al modello di "lavoro a tempo determinato" ormai unanimemente accettato nelle aziende e anche dalle tante indagini statistiche che si limitano a quantificare il disastro. Matteo è un lavoratore "precario" che avrebbe tutte le doti per avere successo o perlomeno per assicurarsi una vita tranquilla, se non fosse nato nel decennio sbagliato, in un'epoca in cui mezzo secolo di conquiste sociali sono quasi svanite nel nulla e dove per la prima volta – lo spiegano i sociologi – i figli sono, e saranno, più poveri dei loro padri.
Generazione mille euro di Massimo Venier affronta con i toni della commedia giovanilistica una realtà amara del nostro tempo e può essere assunto un po' come simbolo della rassegna "Verso Sud 2010", e, più in generale, di quel cinema che, all'interno di una crisi economica profonda e diffusa (che tocca pesantemente anche la cultura), continua a indagare patologie e zone d'ombra della società contemporanea, raccontando storie di giovani e vecchi, di personaggi rassegnati alla sconfitta oppure fiduciosi e non disposti alla resa. Il tema della precarietà sociale, che si riverbera pesantemente sulla vita e addirittura sui sentimenti delle persone, è il legame che tiene insieme molti dei film della rassegna, sia quando parlano del passato più o meno recente (Cosmonauta, L'uomo nero, Fortapasc), sia quando decidono di affrontare l'attualità più stringente e ostile (Cosa voglio di più), sia infine quando indagano e rappresentano il presente con lo sguardo più inclemente del cinema d'autore (La bocca del lupo).
Tutti i film, però, raccontano il disincanto e le ingiustizie, ma anche tanti esempi di solidarietà e le forme di rispetto che rendono una società degna e vivibile. A proposito del passato e del presente, Cosmonauta, opera prima di Susanna Nicchiarelli e una delle autentiche sorprese dell'ultima stagione cinematografica italiana, è ambientato nei primi anni Sessanta (quando Usa e Urss si contendevano la conquista dello spazio) ma racconta soprattutto la storia di una maturazione giovanile che riguarda noi tutti. I due giovani fratelli protagonisti del film, orfani di un padre comunista, sono sinceramente convinti che i valori della Rivoluzione d'Ottobre avrebbero trionfato nel mondo (oltre che nel cosmo), portando pace e prosperità. Non sarà così e arriverà presto il tempo delle disillusioni e delle prove dure della vita.
Una lezione amara e necessaria che insegna a non inseguire le facili illusioni ma anche a coltivare la speranza e la voglia di cambiare. Voglia di resistere fino al sacrificio estremo è il tema di Fortapàsc di Marco Risi, un film che narra una storia vera e che si ricollega alla lezione del grande cinema civile italiano. "Fortapasc" è il termine dialettale che storpia ed evoca il Fort Apache di tanti film di John Ford, rendendo bene l'idea dell'assedio della città di Napoli da parte della criminalità organizzata. E' in questo ambiente difficile e pericoloso, fatto di violenza e omertà, che si muove il giovane giornalista Giancarlo Siani, ucciso a 26 anni solo per aver osato far bene il proprio lavoro. Oggi che il libro e il film Gomorra hanno portato alla ribalta internazionale il fenomeno della camorra e della legalità ferita, acquista ancora più valore il sacrificio di chi, a suo tempo, ha dovuto operare e combattere nel silenzio e nella sottovalutazione di molte istituzioni.
Voglia di resistere alle prove più dure della vita è anche il tema di La bocca del lupo, opera prima di Pietro Marcello, un film di grande impatto stilistico ed emotivo, che racconta le vicende di Mary ed Enzo, due disperati che tentano di salvarsi aggrappandosi solo al loro amore e alla loro solidarietà, sullo sfondo di un degrado sociale e urbanistico (la Genova degli angiporti) che sembra inarrestabile.
Solidarietà e amicizia sono anche gli elementi narrativi portanti di Questione di cuore di Francesca Archibugi, uno dei film di maggiore successo dell'ultima stagione, anche grazie all'interpretazione di due attori bravi e popolari come Kim Rossi Stuart e Antonio Albanese. Il film racconta lo strano legame nato nel reparto di terapia intensiva di un ospedale, tra un meccanico quasi analfabeta ma generoso e vitale e un intellettuale nevrotico e in crisi. Di fronte alla malattia e alla paura della morte i due si ritrovano fragili e feriti, e scoprono che l'unico modo di reagire al destino è rompere le barriere di classe e mettere a fattore comune sentimenti e risorse. Di particolare rilievo l'ambientazione del film, tutto girato all'estrema periferia di Roma, in un quartiere utilizzato per Accattone da Pier Paolo Pasolini, a cui idealmente il film è dedicato. Un modo di legarsi al passato con nessuna vena nostalgica ma per tenere presenti le radici migliori e proficue.
Voglia di riscoprire le proprie radici è anche il tema centrale di L'uomo nero di Sergio Rubini, uno degli attori italiani più affermati, da tempo diventato anche regista sensibile e originale. L'uomo nero, ambientato nei magnifici scenari del Salento, racconta un viaggio nel mondo dell'infanzia e il difficile rapporto con la figura paterna, quindi parla anche degli inevitabili conflitti generazionali che determinano il destino di ogni uomo. Un viaggio apparentemente autoreferenziale e a ritroso che alla fine si rivela però un confronto potenzialmente aperto alle esperienze degli spettatori.
Film coinvolgente e stilisticamente maturo è Che cosa voglio di più di Silvio Soldini, che racconta un amour fou consumato tra gli impacci e i doveri del quotidiano, e dunque vulnerabile e con il destino segnato. Di particolare rilievo l'interpretazione dei due protagonisti , Alba Rohrwacher e Pierfrancesco Favino.
Posizione di spicco nel programma di "Verso Sud 2010" ha sicuramente l'omaggio dedicato al cinema di Ferzan Ozpetek, un autore che nel giro di pochi anni, dall'esordio del 1997 (Il bagno turco) al recente successo di Mine vaganti (2010), passando con estrema naturalezza dai toni della commedia leggera ai drammi più cupi del nostro tempo, ha saputo incontrare un larghissimo favore da parte del pubblico segnalandosi tra i registi più rappresentativi del nuovo cinema italiano. Ancora una volta, la piccola ma significativa selezione di film e di autori proposti da "Verso Sud" si compone di opere divertenti e opere che affrontano temi più drammatici e problematici, opere di autori esordienti e di registi già affermati. Il fine ultimo è come sempre dare un quadro abbastanza attendibile della situazione del cinema che più ci interessa, quello di qualità (pur nei diversi esiti raggiunti) e d'autore, che cerca strade nuove e non insegue le mode e le scorciatoie del successo. Cosa tanto più preziosa in momenti di crisi come il presente, in cui gli uomini e le idee – come i "detective selvaggi" descritti da Bolano – sembrano aver cominciato a camminare all'indietro. Importante confermare che ci sono invece autori, c'è un cinema, c'è un esercizio del pensiero e della creatività che si sforzano di raccontare l'esistente, anche quando è cupo e degradato, e soprattutto riescono a non perdere di vista il punto di partenza da dove veniamo. Che è sempre stato l'obiettivo del cinema migliore e, in piccola parte, anche di questa manifestazione.